Progetto “Rete civica: Brescia aperta e solidale”
Con il primo incontro a livello cittadino dei referenti dei quartieri tenutosi il 10 febbraio nella sala ACLI, il progetto “Rete Civica: Brescia aperta e solidale” ha iniziato la fase che porterà in breve al suo riconoscimento ufficiale da parte della Giunta comunale e quindi alla costituzione della “Consulta cittadina per l’integrazione e la cittadinanza”. L’iniziativa della città (affidata alla gestione delle ACLI e dell’associazione “Centro migranti della diocesi” con la supervisione di Carlo Melegari, direttore del Cestim di Verona) è partita oramai quasi due anni fa (primavera del 2006) come percorso di partecipazione a livello di prossimità di quartiere per nuovi e vecchi cittadini. “La Rete civica si costituisce partendo dalla promozione, quartiere per quartiere, di iniziative mirate a dare avvio e consistenza a comitati, associazioni, gruppi misti per genere, per età, per cultura e per religione, composti – possibilmente in maniera paritetica - da cittadini italiani e da immigrati stranieri o di origine straniera, tutti residenti nel quartiere. Lo scopo dichiarato, sulla base di un modello di statuto cui fare riferimento, è quello del riconoscimento reciproco, al di là della nazionalità di appartenenza, come concittadini, con pari diritti, pari doveri e pari interessi al benessere del quartiere in cui si abita. Che è anche il benessere della relativa circoscrizione e della città. Per poi agire di conseguenza con la programmazione e la realizzazione di eventi atti a favorire - sempre a partire dal proprio quartiere - la coesione sociale attraverso l’incontro gratificante (feste rionali), il dibattito civile (assemblee aperte su temi di particolare rilevanza sociale), la proposta costruttiva (a fronte di problemi da risolvere), l’impegno comune nel volontariato (per la cura dell’ambiente, per l’attenzione alle fasce più deboli della popolazione locale)” (dalla Scheda informativa).
Si tratta in sostanza di far passare il principio che il quartiere è di chi ci vive e se ne occupa, aiutando a sviluppare rapporti di interazione positiva e di solidarietà. Non si tratta di un progetto specifico per i migranti, ma di un’iniziativa per la convivenza e la rivitalizzazione dei quartieri che presenta come prima ricaduta positiva proprio quella di includerli a pieno titolo e in tutti gli aspetti della vita del quartiere. E’ infatti noto che spesso l’ente pubblico (in Italia e non solo) accetta i nuovi cittadini come interlocutori soltanto sulle tematiche che li riguardano da vicino in quanto migranti (e cioè sui problemi specifici originati dal fatto di non possedere la cittadinanza italiana), ma di norma non interloquisce con essi quando si tratti di problemi di ordine generale (come ad esempio le scuole, o i trasporti, o la raccolta dei rifiuti) come se essi presentassero soltanto gli specifici problemi ed esigenze del migrante, e non anche quelli di qualsiasi abitante (indipendentemente dalla loro nazionalità) di un determinato territorio. Seguendo questa logica riduttiva si è infatti imbrigliato il lavoro (e le competenze) di molti organismi di rappresentanza politica degli stranieri, come Consulte e consiglieri aggiunti, che negli ultimi dieci anni hanno conosciuto un notevole sviluppo in tutto il Paese.
Indirettamente, il progetto rete civica può anche essere considerato come una risposta al tanto citato problema della sicurezza (o meglio della crescente percezione di insicurezza) nelle nostre città: un risposta che non passa attraverso telecamere o velleitari controlli di polizia a tappeto, ma che va alla radice del problema: la composizione delle nostre città sta repentinamente cambiando, è già cambiata, è in continua trasformazione, e alcune fasce della popolazione (spesso quelle maggiormente sfavorite in termini socio-economici) leggono questo cambiamento sotto forma di minaccia alla propria identità e financo alla propria esistenza. La prossimità non indifferente, il confronto sui problemi comuni della vita di relazione quotidiana, la reciproca conoscenza, abbattono il muro di diffidenza (generato dalla mancata conoscenza) che ci separa dall’altro e generano nuova socialità, accettazione reciproca, sicurezza e coesione sociale.
Lo stato attuale del progetto e le fasi precedenti
Attualmente, dopo quasi due anni di incontri e assemblee nei 30 quartieri della città, il progetto Rete civica dispone di gruppi stabili in tutte le nove circoscrizioni (destinate fra breve a diventare cinque) e in 15 quartieri[1]. Ognuno di questi gruppi ha anche cooptato, come previsto dal progetto, quattro rappresentanti (due donne e due uomini, due stranieri e due italiani). Entro il mese di febbraio (e cioè in tempo utile prima delle elezioni comunali di primavera) si cercherà di portare l’assemblea dei gruppi quartiere (o meglio, dei loro rappresentanti) all’approvazione formale da parte della Giunta (ed eventualmente, del Consiglio) e quindi alla costituzione ufficiale della “Consulta cittadina per l’integrazione e la cittadinanza”, che andrà in tal modo ad affiancare le altre consulte già esistenti nel Comune di Brescia. Il raggiungimento di questo risultato, niente affatto scontato all’inizio del progetto, ha comportato una lenta marcia di avvicinamento, composta di quattro fasi:
presentazione dell’idea del progetto in incontri individuali con tutte le associazioni del territorio (sia di italiani che di o per stranieri) potenzialmente interessate al settore di intervento, per guadagnarne da una parte il consenso all’iniziativa e dall’altra per coinvolgerle come soggetti “reclutatori” di partecipanti alle assemblee di quartiere. Alle associazioni è stato infatti richiesto di attivare la propria rete di relazioni nei quartieri per assicurare un buon numero di partecipanti nella delicata fase di avvio delle assemblee di quartiere;
prime assemblee esplorative di quartiere: in questa fase si è cercato di sondare la disponibilità del quartiere ad intraprendere la realizzazione di una rete di relazioni e di iniziative di prossimità per rafforzarne la coesione sociale. Nelle assemblee si è avuto cura di mantenere un profilo basso, cercando di stimolare la discussione su tematiche di interesse comune e accompagnando la possibile emersione di uno o più soggetti “leader”, capaci nei futuri incontri di promuovere la partecipazione e le attività del gruppo;
organizzazione di una presentazione pubblica, a livello cittadino e con la partecipazione del Sindaco, del progetto, allo scopo di dargli risonanza mediatica e innescare in tal modo un effetto “palla di neve” nei confronti dei quartieri ancora da coinvolgere, dando allo stesso tempo ai quartieri già partecipanti la consapevolezza di far parte di un’iniziativa di rilevanza comunale, pienamente appoggiata dal governo della città;
formalizzazione e approfondimenti delle assemblee di quartiere. Nel prosieguo delle riunioni a livello di quartiere, si è passati all’individuazione e alla nomina, da parte degli stessi partecipanti, del gruppo di quattro referenti-portavoce sopra menzionati per dare stabilità e continuità al lavoro delle assemblee stesse. Nella stessa ottica, da un punto di vista contenutistico, si è passati alla definizione di alcune prime iniziative concrete nel quartiere, per dare sostanza all’iniziativa e guadagnarle al tempo stesso ulteriore sostegno.
Nelle assemblee di quartiere hanno preso corpo diverse iniziative concrete, che riassumiamo a titolo esemplificativo: un corso di alfabetizzazione per le donne straniere, sensibilizzazione sulla tematica della donazione del sangue, organizzazione di una festa di quartiere, cena di reciproca conoscenza all’aperto in un parco (i partecipanti hanno contribuito con proprie pietanze), visita del centro culturale islamico, serata multi- e interculturale, serate informative sulle tradizioni dei Paesi di origine degli abitanti del quartiere, giornata ecologica sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti, partecipazione alle giornate del FAI (Fondo Ambiente Italiano), etc.
Come si vede, le iniziative sono le più varie: ad esempio, in alcune vengono direttamente tematizzati l’incontro e la relazione fra l’italiano e lo straniero (incontri e feste multiculturali) per favorire un clima di reciproca conoscenza, l’ abbattimento delle barriere di diffidenza e il miglioramento del clima all’interno del quartiere, in funzione fra l’altro di prevenzione di atti di intolleranza; in altre si affrontano tematiche di interesse comune (come la raccolta differenziata) in genere di non facile assimilazione da parte di tutte le categorie di popolazione (straniera o italiana che sia), con l’intento di spegnere sul nascere l’insorgere di possibili malumori e pregiudizi connotati etnicamente e allo stesso tempo promuovere e stimolare il senso di responsabilità anche dei cittadini stranieri attraverso la loro accettazione immediata e completa come cittadini a tutti gli effetti del quartiere. In altri ancora, a prima vista privi di grande rilevanza (donazione del sangue, giornate FAI), si è voluto rimarcare con forza quanto appena detto sull’accettazione a 360° degli stranieri nella vista pubblica locale, e allo stesso tempo esercitare una funzione educativa nei confronti della cittadinanza autoctona, portata da un’informazione distorta ad avere una concezione limitata e negativa del ruolo degli stranieri nella società civile.
Ovviamente gli esempi potrebbero moltiplicarsi, e in ogni realtà sarà necessario individuare quelli che maggiormente si attagliano al contesto locale e allo stesso tempo presentano le maggiori possibilità di successo. A Bolzano, ad esempio, proprio la recente introduzione della raccolta differenziata della frazione umida potrebbe fornire uno spunto interessante per avviare un’iniziativa di sensibilizzazione, e sviluppare il senso di appartenenza intorno ad un tema che coinvolge tutti. Altre tematiche da esplorare potrebbero essere quelle relative alla qualità della vita nel quartiere per bambini e giovani e allo sport (connesso con l’associazionismo sportivo e la fruizione delle strutture pubbliche). Le tematiche oggetto delle iniziative sono certo importanti e vanno selezionate con cura, ma è necessario non perdere di vista la rilevanza forse ancora maggiore che assume “il processo”, e cioè l’elemento delle partecipazione e della condivisione da parte di tutti gli abitanti del quartiere, che costituisce in definitiva l’elemento qualificante di tutto il progetto.
Applicabilità del progetto Rete civica sul territorio di Bolzano
Una caratteristica generale di progetti e iniziative scaturiti da un territorio ben preciso e sviluppati in funzione delle sue peculiarità è la difficile replicabilità sic et simpliciter in contesti diversi da quello originario. D’altra parte è necessario riflettere sul fatto che ogni progetto trova giustificazione nella propria capacità di affrontare e risolvere un problema, una situazione critica. Il progetto Rete civica di Brescia è infatti nato per dare una risposta positiva ad un problema di interazione, di relazione di solidarietà, di condivisione del territorio da parte di stranieri e autoctoni che risulta fortemente deficitaria in città, fino a far paventare reazioni di intolleranza da parte della cittadinanza autoctona e di distacco dalla vita pubblica e dagli spazi sociali da parte di quella immigrata. Una problematica non dissimile si ritrova anche a Bolzano, almeno stando alle conclusioni del rapporto di ricerca “La presenza-assenza degli immigrati” (Studio RES, 2007) commissionato dal Comune. Dal rapporto emerge infatti chiaramente (pur con differenze fra diversi quartieri) una situazione di “distanza sociale, di percorsi paralleli, di separazione fra cittadini che condividono tempi e luoghi senza conviverci”, una presenza immigrata che, ad esempio “nel quartiere S.G., Bosco, è vissuta principalmente dagli abitanti in termini invadenti, competitivi, destabilizzanti”. La distanza nella società civile rimane ancora ampia, e gli stranieri sono “ancora troppo assenti nei luoghi di aggregazione”. Oltre alla natura (se non all’ampiezza) del problema, sembrerebbero esserci somiglianze anche nelle soluzioni proposte dal rapporto, che sottolinea l’”importanza di elaborare proposte culturali tali da coinvolgere sia gli immigrati sia i locali”, e sottolinea la necessità di attuare “un coordinamento fra le varie associazioni e le varie comunità, (…) sia per le famiglie italiane sia straniere”.
Pur con queste innegabili similitudini, è ovvio che una trasposizione automatica del progetto Rete civica nel contesto bolzanino andrebbe accuratamente evitato, a favore di un adattamento alla nostra situazione locale dell’idea base dell’iniziativa lombarda, che è poi quella di promozione della partecipazione partendo da un contesto di vicinato e prossimità. Una differenza di partenza fondamentale fra i due contesti è l’approdo del progetto di Brescia alla costituzione di una Consulta cittadina per l’integrazione, che i responsabili comunali vedono in alternativa alla creazione di una Consulta elettiva degli stranieri, che infatti a Brescia non è mai stata promossa.
E’ quindi evidente che a Bolzano la finalità non sarebbe quella di costituire una Consulta, che inevitabilmente andrebbe a sovrapporsi a quella già esistente. Proprio la presenza della Consulta elettiva, però, può fornire una leva per garantire un’adeguata partecipazione all’iniziativa, almeno da parte straniera, consentendole allo stesso tempo una maggiore visibilità a livello di quartiere. Il fatto che l’azione della Consulta abbia avuto fino ad ora un limitato impatto sulla vita dei quartieri (e il conclamato bisogno di partecipazione) costituisce probabilmente l’argomento giusto per assicurarsi l’appoggio dell’organismo elettivo degli stranieri. Oltre alla Consulta (che può essere il motore, ma non il depositario esclusivo dell’iniziativa) è necessario cercare ed ottenere il consenso di tutte quelle associazioni (di immigrati, di autoctoni, miste) che, a livello cittadino, hanno a cuore il processo di inclusione degli stranieri. Né va certo dimenticato il sindacato, che anche secondo il rapporto citato si conferma come una delle realtà maggiormente in grado di stimolare la partecipazione degli immigrati. Come già detto, comunque, non si tratta di un progetto “per gli stranieri”, ma piuttosto “con” gli stranieri, e cioè in sostanza di un’iniziativa vòlta a promuovere in generale cultura della prossimità e coesione sociale a livello micro. Sarà quindi di fondamentale importanza coinvolgere fin dall’inizio sia il livello istituzionale (e cioè i consigli di circoscrizione) che il mondo associativo attivo a vario titolo nei quartieri della città. Un lavoro di mediazione e raccordo, quello appena delineato, certamente non facile né rapido, e neppure definitivo, dato che la costruzione della partecipazione è un compito che va perennemente sostenuto ed accompagnato. Ma è un lavoro preparatorio certamente non inutile, in quanto può essere visto come una fase esplorativa per saggiare la rispondenza e il grado di accettazione dell’intera iniziativa, e dunque utilizzato per correggerne in corso d’opera l’impostazione teorica.
Come si vede da queste brevi note (che hanno solo il fine di stimolare il dibattito, e non certo l’ambizione di costituire un “documento di progetto”), si tratta di un progetto certamente ambizioso e che necessita di un’accurata preparazione ed elaborazione, ma altrettanto necessario se si vogliono prevenire sul nascere possibili deragliamenti nel processo di inclusione socio-culturale dei nuovi cittadini e mantenere la strada spianata per una coesione sociale niente affatto scontata in una realtà come quella di Bolzano.
Paolo Attanasio
Marzo 2008
[1] Il territorio comunale di Brescia è attualmente suddiviso in 9 circoscrizioni, che fra breve saranno ridotte a 5; ogni circoscrizione comprende poi un certo numero di quartieri (in totale 30), che rispondono ad una suddivisione più antica della città, ma che conservano intatti i propri confini sul territorio. La nuova suddivisione amministrativa non andrà quindi a modificare la struttura o il numero dei quartieri, ma semplicemente la loro collocazione all’interno delle nuove circoscrizioni.
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